Visto che la parola va tanto di moda, ma la pratica stenta a diffondersi, vi propongo un pellegrinaggio laico con tanto di richiesta di intercessione per conversioni rapide e provvidenziali di politici, funzionari, dirigenti, capo-condomini e capoccia vari a vostra insindacabile scelta! Lo so che la missione appare impossibile e che forse servirebbe un miracolo, ma provarci non costa nulla.
Lasciate che vi spieghi, intanto. Avete presente la piazza centrale del paese? Si … quella dei bar, ehm … ok, la rotonda. Non vi potrà essere sfuggito, allora, il grande edificio degli anni trenta che domina l’ultimo pezzo di via Giardino e quasi fa ombra al bellissimo Monumento ai Caduti con relativo giardinetto. Bene, sotto i finestroni dell’edificio, tra un tripudio di scaloni e sedute, avrete certamente notato la grande statua di quel distinto signore che sembra dare un’indicazione stradale. Sorvoliamo su questo dettaglio e concentriamoci sul personaggio perché siamo al cospetto non solo di un biccarese illustre, ma di un grande, grandissimo, italiano. Donato Menichella, per tutti “Il Governatore”, è stato il primo direttore generale dell’IRI, capo della Direzione Generale della Società Finanziaria Italiana, direttore e, appunto, Governatore della Banca d’Italia. Stimatissimo anche negli Stati Uniti, è uno degli ideatori del Piano Marshall e degli artefici della ricostruzione italiana creando le basi per il quello che successivamente sarà chiamato “miracolo economico”.
Oltre a firmare le indimenticabili banconote dell’epoca, ha lasciato un piccolo manuale dal titolo che è tutto un programma “Come è che non sono diventato ricco”.
Leggete la testimonianza del figlio Vincenzo: “…Mio padre era uno “specialista dell’autoriduzione”. Autoridusse il suo stipendio nell’anteguerra a meno della metà. Non ritirò, quando fu reintegrato all’IRI, due anni e mezzo di stipendio; al presidente Paratore rispose: ‘Dall’ottobre 1943 al febbraio 1946 non ho lavorato!’. Fissò il suo stipendio nel dopoguerra a meno della metà di quanto gli veniva proposto; lo mantenne sempre basso. Se il decoro del grado si misura dallo stipendio, agì in modo spudoratamente indecoroso! Il 23 gennaio 1966, al compimento del settantesimo anno, chiese ed ottenne che gli riducessero il trattamento di quiescenza, praticamente alla metà, giustificandosi così: ‘Ho verificato che da pensionato mi servono molti meno danari!’. Ai figli ha lasciato un opuscolo dal titolo: ‘Come è che non sono diventato ricco’, documentandoci, con atti e lettere, queste ed altre rinunce a posti, prebende e cariche. Voleva giustificarsi con noi: ‘Vedete i denari non me li sono spesi con le donne; non ci sono, e perciò non li trovate, perché non li ho mai presi!’ Mia madre (gli voleva molto bene) ha sempre accettato, sia pure con rassegnazione, tali sue peregrine iniziative (anche quando dovemmo venderci la casa e consumare l’eredità di lei); però ogni tanto ci faceva un gesto toccandosi la testa, come a dire: ‘Quest’uomo non è onesto, è da interdire’ poi sorrideva e si capiva che era orgogliosa di lui (Vincenzo Menichella, Roma, “Giornata Menichella”, 23 gennaio 1986).
Capito il livello? Che ne dite ci proviamo? Organizziamo ‘sto pellegrinaggio? Potrebbe essere la nostra ultima chances (oh! Si scherza).