Per me, foggiano di garganiche origini e passioni, salire sui Monti dauni, che chiudono il Tavoliere opposti al Gargano, è fare un tuffo in un Mediterraneo senza mare, quel Sud interiore cantato dai poeti, così diverso da quello marinaro a la page.
Sui monti, i paesi spopolati, eppure vivi nel loro lungo silenzio che si rompe ad agosto con il ritorno dei tanti emigrati come a Biccari. Criminalità e tensioni pari a zero, molti gli anziani, pochi i giovani rimasti, eppure carichi d’iniziativa, bella gioventù, alta, colta, garbata, fanno birra in aziende di campagna e vino da esportare, formaggi, salumi, pasta fresca e secca, gelati all’olio d’oliva, aprono ristoranti e pizzerie, capitalizzando le risorse che hanno. Ieri pomeriggio, lasciando l’arroventata pianura in mezz’ora, attraversiamo Biccari, poi passando per l’animato parco avventura tra i boschi, con un ripido pendio saliamo al lago Pescara, che dai suoi 900 metri domina il paese da 400 metri più su, qui il fresco montano ci sorprende senza pullover, meglio, dopo l’irrespirabile calura cittadina. Pendii verdi, zeppi di abeti, un paesaggio appenninico, dopo il giallo deserto della piana, fichi d’india e mandorli, si bruciano stoppie di grano. Il ristoro è servito, imbrunisce, scendiamo al paese, comincia la festa del borgo vecchio. No, non è un sagra paesana, è un evento di cultura mediterranea.
La prima sorpresa è parcheggiare in “Via dei Martiri di Pontelandolfo, già via Bixio”, il macellaio luogotenente di Garibaldi, posta di fronte al monumento al biccarese Donato Menichella, esemplare direttore della Banca d’Italia, famoso per probità, creatore della ingiustamente vituperata Cassa per il Mezzogiorno, che in vent’anni fece crescere l’economia del Sud più di quella del Nord, e per questo abolita per volere degli industrialotti assistiti padan-leghisti, intimoriti dalla concorrenza. E poi, subito nella bella piazza con la monumentale fontana borbonica e i bei palazzi che ci conducono nel centro storico, stupendamente recuperato e conservato, tra case in pietra, basse e alte, con antichi cancelli e balconate in ferro, torri medievali, archi e chiese, vicoli stretti con scalinatelle presepiali che conducono lassù in alto verso stelle e pianeti, spiccano Marte rosso guerriero palla di fuoco e Venere sposa biancovestita, si snoda il percorso gastronomico che le eccellenze alimentari prodotte dalle belle iniziative micro imprenditoriali, antipastini squisiti, paccheri freschi al pomodorino, formaggi, zuppe di carne, gelato, 14 assaggi a cranio, tra cui due bicchieri di vino e due di birra, per dieci euro, compresa la maglietta ricordo dell’evento giunto alla decima edizione. Abbuffarsi e sbronzarsi un po’ è d’obbligo, la notte è lunga e rallegrata dalla band circolante delle tammurriate montemaranesi e ancora quella stabile composta da quattro ragazze campane sul sagrato della bella e imponente cattedrale, fino al concerto finale di mezzanotte nella piazza vecchia, ancora con belle armonie napoletane. Napoli è vicina e siamo cresciuti con la sua lingua e la sua musica. Ce l’abbiamo nel sangue e saltare come tarantolati va da sé. Una serata che vale una vacanza (di Raffaele Vescera).