Cominciamo da sopra. In alto, su a Monte Cornacchia ci si arriva da più parti. Non c’è una strada sola. Vale per tutte le montagne rotonde, che amano farsi circondare da ogni lato, ed è così anche per questa. Potete partire indifferentemente da Castelluccio, da Faeto, da Celle o da Roseto. Io, tuttavia, mi sono sempre avviato da Biccari (logico, no?).
Ho più volte fatto i quattro chilometri di salita che dal mio paese portano a Lago Pescara, tagliando prima campi arati e poi, via via, i primi boschi freschi e potenti. Sopra, mi sono fermato a vedere la meraviglia del laghetto che, protetto alle spalle da Monte Sidone (il Dragone, per la gente del posto), si affaccia sulla vallata e su Biccari quasi a volersi godere lo spettacolo da una terrazza di novecento metri. L’ho visto pieno ed energico in primavera, calmo e bianco di inverno, sofferente e stagnante in estate e poi di nuovo vivace in autunno. Di mille, incredibili, colori. Non di rado, ho incontrato camminatori, pescatori e cercatori.
Ed il vento. Quello c’è quasi sempre.
Dopo, ho proseguito a piedi per un altro strappo di un’oretta su un sentiero bianco e pietroso, un tratto del Sentiero Frassati. Non senza fatica (per salire ci vuole sempre la fatica), ho scavallato Monte Sidone ed attraversato pascoli e terre brulle, fermandomi, di tanto in tanto, a guardare giù e lontano. È davvero così. Da lì sopra si può vedere gran parte della Capitanata fino al mare. Tutto intorno, c’è la Puglia che non ti aspetti. Una piccola Svizzera, per i più audaci. Con tanto di vacche lasciate al pascolo su verdi prati, resti di neviere, boschi relitti di antiche foreste e fioriture stagionali. Staccionate vecchie e nuove si alternano a segnare il tempo che passa. Ancora poco e, dopo un’ultima leggera salita, mi sono ritrovato di fronte al Rifugio forestale, una casetta in pietra la cui recente ristrutturazione non tradisce una storia ben più lunga. È una sorpresa per chi ci arriva la prima volta perché sbuca all’improvviso. Su cartelli in legno il ricordo di uno che evidentemente ha lasciato il segno (non solo quassù) e le incisioni dei Comuni circostanti che con i loro confini amministrativi arrivano tutti vicinissimo al punto più alto. Fino a contenderselo. Come quando, agli inizi degli anni ’80, Biccari e Faeto riuscirono a litigare per mettere la loro bandiera sulla cima più alta della regione più bassa. Come sempre, ho aperto con facilità la grossa porta in legno. Qui non si usano chiavi. Il camino ha smesso di lavorare da poco. Anche stanotte qualcuno ha dormito quassù. O magari no. Magari, senza voler prendere sonno, ha guardato il cielo stellato in tutto il suo splendore, agevolato da una notte pulita e densa, senza il disturbo di luci artificiali che qua proprio non riescono ad arrivare.
Alle spalle, sull’ultima cima, ho rivisto il punto più alto della Puglia. È indicato da un pilastrino in calcestruzzo dell’Istituto Geografico Militare. Siamo a 1151 metri sul livello del mare. Pochini, in generale. Moltissimi, per la Puglia. L’ho raggiunto, e mi ci sono seduto sopra per qualche istante, abbandonandomi al vento ed ai pensieri. Qui, per una volta, più in alto di tutti, hai la possibilità di scoprire il Tavoliere ed il Gargano, i monti del Matese e la Maiella. Ma, se cerchi bene, anche te stesso.
(di Gianfilippo Mignogna)